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Music News di Augusto Sciarra

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18-01-2017 05:09

Music News di Augusto Sciarra

(leggo.it)
Incognito, i pionieri dell’acid jazz al Blue Note
La loro avventura comincia nella Londra di fine anni Settanta, tra i bagliori del punk, per poi attraversare il periodo dell'acid jazz di fine anni Novanta sino a ai giorni nostri. “Il segreto? La musica mi tiene vivo. Per certi versi è una fortuna che il successo non ci abbia portato alle stelle e che suonare sia sempre il lavoro più bello del mondo”, racconta Jean Paul Maunick: classe 1957, inglese originario delle Mauritius, leader della band e fondatore del gruppo. “Suonare, più che un lavoro, per me è stato sempre un sogno. Mi sento un persona fortunata e non solo perché faccio ciò per cui sono più portato ma anche perché ho un talento e l'ho potuto sfruttare”. Anche in Italia sono un culto, tanto che alcune date milanesi al Blue Note sono già esaurite. “L'Italia è ovviamente uno Paese che amiamo e poi anche qui ho amici e colleghi che stimo come Mario Biondi”.
Incognito, 18-19-20-21/01, Milano (Blue Note)

Parole & Musica: Jean Paul Maunick (Incognito)
Gli Incognito sono stati tra i primi ad entrare nel mondo dell'acid jazz, nel 1981, con l’album "Jazz Funk". Il loro leader, Jean Paul Maunick detto "Bluey", inglese, originario delle Mauritius ha creato un sound che attingeva da jazz e funk, caratterizzandolo con delle atmosfere acide.

“Il progetto è nato nel 1979. Ho viaggiato molto, in America e in Inghilterra, ho approfondito la conoscenza della musica giamaicana”.

“Il jazz-funk nasce come un sound rivoluzionario, è stato il primo a far incontrare ascoltatori bianchi e neri. Ai concerti degli Incognito, Shakatak e Level 42 c’è sempre stato un pubblico molto vario”.

“Il nostro modo di arrangiare i pezzi è diventato un classico, una punto di riferimento. Molti dischi americani odierni di "smooth jazz" copiano le soluzioni che usavamo noi anni fa”.

Time – Note dal Passato: Pete Townshend (voce, chitarra; The Who)
“Nel 1965 ho dichiarato: spero di morire prima di diventare vecchio. E’ un motto secondo il quale ho sempre vissuto. All’epoca intendevo agire in modo differente dalla vecchia generazione. Noi abbiamo rotto completamente con i valori tradizionali: re, patria, giusto, sbagliato. Il primo ministro Harold McMillan all’epoca affermava che non eravamo mai stati così bene come negli anni del dopoguerra. Ma i giovani erano annoiati a morte. Io ho messo i loro sentimenti e sensazioni nei miei testi”.

“Il termine rhythm & blues era parte dell’immagine Mod che noi coltivavamo consapevolmente. Io venivo dall’accademia d’arte, negli Who vedevo una forma di pop art. All’inizio suonavamo brani blues di Jimmy Reed e Muddy Waters, gli Yardbirds e i Rolling Stones. Anche i Beatles avevano cominciato come band di cover blues. Loro, però, sono stati i primi a scrivere proprie canzoni. Io, senza il loro successo, non avrei cominciato a comporre. Roger Daltrey voleva continuare a cantare rhythm & blues perché era bravissimo con l’armonica, e la sua voce era adatta per quel sound. Dopo il nostro primo successo I Can’t Explain è arivato Anyway Anyhow Anyway”.

“My Generation è stato l’inno di battaglia di un nuovo movimento, quello della  generazione del dopoguerra alla quale noi appartenevamo. Io ero il portavoce della mia generazione semplicemente perché i miei contemporanei compravano i dischi dei The Who, permettendomi  di esprimere ciò che sentivo dentro”.

“Bob Dylan ha dimostrato che rock e poesia potevano andare d’accordo. Lui era il T.S. Eliot del rock & roll, nessuno avrebbe potuto superarlo come poeta del pop. Io, in canzoni come “Happy Jack” e “Pictures Of Lily”, creavo personaggi come avrebbe fatto uno scrittore di novelle per descrivere eventi di fantasia”.

“Ho scritto da solo la maggior parte delle partiture orchestrali di “Tommy”. Abbiamo eseguito alcuni brani di questa acclamatissima opera per la prima volta al Festival di Woodstock. Dopo, The Who sono diventati una delle band più dure degli anni ’70. Il volume era la nostra arma, eravamo una grande orchestra formata solo da quattro musicisti”.

“Siamo contenti di essere diventati ricchi e famosi. Ma questo stato può farti diventare pazzo, entrando in un decadente mondo di fantasia che puoi lasciare solo in due modi: la morte o tornando con i piedi per terra”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

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