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Music News di Augusto Sciarra

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05-01-2017 16:48

Music News di Augusto Sciarra

(gazzettadimodena.gelocal.it)
Amnesia, dj modenese: la vita alla consolle come ambasciatrice di musica. Modenese, nota in città come Alina Postarnak, ha 22 anni ed ha cominciato a 18. “Basilare avere fiducia in sè. Qui ci sono famiglia e amici, ma il lavoro è altrove”.
“Sono andata nelle discoteche “normali”, ma non mi piacevano. Agli eventi all’aperto tra gli amici, invece, c’era una musica diversa e mi sono immedesimata subito. Allora ho capito che non è difficile imparare a usare una consolle”.

Dove hai suonato? “In Italia a Milano, a Roma, in Centro Italia. Quest’estate sono andata in Grecia. A Tenerife ho suonato gratis. Spesso ho date in Svizzera, a breve andrò in Francia. Sono anche andata in Cappadocia”.

Cos’è per te la consolle? “Un piccolo mondo in cui mi perdo, uno strumento con cui uso la musica per far sentire alla gente quello che ho dentro”.

Come nasce il nome Amnesia? “È una parola che mi è sempre piaciuta. Può rappresentare tanti bei posti nel mondo ed è facile da ricordare”.

Time – Note dal Passato: Francesco De Gregori
“La musica popolare è stata un’eredità molto significativa per la mia formazione. La mia “levatrice” è stato il folk studio di Roma. E lì che negli anni ’70 arrivava molta musica, soprattutto popolare: Caterina Bueno, Giovanna Marini. La Marini ha rappresentato il trait d’union tra la musica popolare e la musica d’autore, ha contribuito a elidere confini e steccati troppo rigidi, eccessi di sacralità nel recupero di una tradizione musicale popolare. Io mi sento molto più pronto a riconoscere il mio debito nei confronti della musica popolare che non a subire analogie del tipo: De Gregori somiglia a Dylan”.

“Gli stimoli di artisti come Woody Guthrie e Dylan hanno svegliato la nostra coscienza musicale. Ricordando cosa era la musica ufficiale in Italia negli anni ’60, mi vengono in mente Iva Zanicchi, i Camaleonti, quella che veniva chiamata “l’onda verde” del movimento hippy americano, banalizzata da versioni sanremesi del tipo “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Quello era un panorama privo di spessore e di classe, fatta eccezione per alcuni cantautori come: Gino Paoli, Fabrizio De André, Sergio Endrigo. L’esistenza del Folkstudio, dove echeggiavano gli stimoli di una nuova cultura musicale anglo-americana, ha dato a tutti noi qualcosa”.

“Non ho mai pensato di fare il paladino della musica italiana. Sostengo, piuttosto, che non ci debbano essere eccessi di protezionismo o di provincialismo. Io per primo mi ritengo debitore di molta musica straniera: Elvis Presley, Prince. Oggi un musicista italiano deve faticare parecchio per vedere riconosciuti i propri sforzi. Deve fronteggiare un pesante clima di provincialismo che ha investito gran parte della nostra critica musicale, secondo cui molto di ciò che viene realizzato in Italia è un prodotto di serie B”.

“Il rock è un linguaggio, un binario nel quale puoi scegliere di inserirti. Springsteen, per esempio, non ha inventato nulla di nuovo. Il suo rock & roll è come quello di vent’anni prima e come, probabilmente, sarà tra altri vent’anni. Lo adatta alla sua voglia di dire, raccontare, aggiunge un testo ricco di contenuti, caricandolo così di un significato importante, nuovo, originale”.

“La musica è in qualche modo una ginnastica fisica. Prevede una presenza scenica che personalmente non possiedo, e che non cerco. Il mio approccio con l’istintività di certa musica rock è molto “imbarazzato”. Io sono figlio dei ritmi binari di Giovanna Daffini e del ritmo folleggiante e rockeggiante di Bob Dylan e dei Rolling Stones”.

“Sono un grande estimatore di Vasco Rossi. E’ autentico, un grosso talento. Ha molte cose da raccontare. Proviene da una terra che da sempre si nutre di balere, la terra delle orchestre e degli orchestrali che, in qualche modo, hanno suonato anche il rock. Roma invece è una città più intellettuale, cerebrale”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

 

 

 

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