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Music News di Augusto Sciarra

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16-03-2017 11:39

Music News di Augusto Sciarra

(napoli.repubblica.it)
L'amore di Napoli per Pino Daniele, biglietti esauriti per "Je sto vicino a te"
L'evento vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Peppe Barra, Dodi Battaglia dei Pooh, Nino Buonocore, Nino D'Angelo, Sal Da Vinci, Fabio De Caro, Maurizio de Giovanni, Tony Esposito, Marina Mulopulos, 99 Posse e Marco Zurzolo. Sul palco una band formata da Flex Aiello, Paolo Badà, Diego Imparato, Tony Panico, Lino Pariota, Claudio Romano, Michele Arcangelo Caso e Tony Cercola.

(ilmattino.it)
Je sto vicino a te, Napoli ricorda Pino Daniele a due anni dalla scomparsa
“Pino è nel ricordo di tutti e vive in tutte le persone - ha detto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris - noi come istituzione non lo abbiamo dimenticato. Questo è il terzo evento con tanti artisti e in questi anni sono state tante le iniziative in ricordo di Pino”. “Questo è il concerto del popolo di Pino - ha aggiunto il fratello Nello - è ormai diventato un appuntamento fisso e ogni volta c'è la ressa per avere il biglietto che è e resterà sempre gratuito”.

Time – Note dal Passato: Pino Daniele (Napoli, 19 marzo 1955 – Roma, 4 gennaio 2015)
“Scrivo canzoni perché non riesco altrimenti a dire quello che sento. Cerco di non scrivere testi, ma poesie d’amore”

“Napoli è come Genova, una città blues, rock, meticcia, grazie al contatto che ha avuto con gli americani e gli inglesi”.

“A 13 anni suonavo nei club americani. Facevo brani dei Cream e Jimi Hendrix. Il sound degli anni ’60 fa parte del mio modo di essere”.

“Il primo disco che ho comprato è stato “Pot Luck” di Elvis Presley. Poi è stata la volta di “Hot Rats” e “Overnite Sensation” di Frank Zappa, dei Cream, Traffic, Gentle Giant, Genesis, B.B.King, Eric Clapton, Blind Faith. Diversi sono i jazzisti che mi hanno cambiato la vita: Gato Barbieri, Don Cherry, Wayne Shorter, Weather Report, Chick Corea e Miles Davis”.

“Più che un cantante napoletano, sono un napoletano che canta. Sono venuto fuori da una generazione per la quale la musica leggera si sposava ai linguaggi internazionali. Un po’ come aveva fatto Renato Carosone, fondendo il boogie-woogie e il jazz. Io ho usato il blues e il jazz moderno. I miei pezzi più famosi sono legati alla cultura americana”.

“La musica italiana degli anni 70 doveva esprimere socialità. C’è stato un momento storico in cui la musica veniva usata politicamente. Francesco De Gregori, Francesco Guccini, io e tanti altri di quel periodo eravamo convinti che si potesse cambiare il mondo attraverso quello che facevamo. La musica per noi non era soltanto un lavoro. Il Sistema ha poi voluto che la musica non entrasse più nel sociale, nel politico”.

“Ho collaborato con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, prodotto un disco di Roberto Murolo. Poi mi sono avvicinato a De Simone e studiato Gesualdo Da Venosa. Mi sono interessato della musica colta napoletana, cerndano di farmi una cultura”.

“Ho vissuto la Napoli edoardiana e quella post-edoardiana, la Napoli del dopoguerra, quella dei locali con gli americani, del Porto. Tutte queste cose sono venute fuori nelle canzoni”.

“Napoli la difendo comunque. A quello che racconta Saviano in “Gomorra” ci credo fino a un certo punto. Ci sono nato dentro la camorra, quindi so come funzionano certe cose. Questa esperienza mi ha fatto capire che stando lì non avrei mai potuto realizzare i miei sogni. E quindi mi sono andato a cercare le occasioni. A me interessava suonare più che fare il cantante. Ho cantato perché avevo cose da dire”.

"Terra Mia e gli altri lavori di quel periodo rappresentavano la generazione anni ’70 e ’80, soprattutto partenopea. Era un momento di denuncia sociale e politica. Ma oggi non canto quella Napoli che ho vissuto. Canto una Napoli che viaggia nella mia testa, che vorrei fosse in un certo modo, sia artisticamente che politicamente. Non mi sono mai allontanato dagli impegni sociali della mia città finché ci ho vissuto. Ora continuo a rappresentare quella Napoli, con la consapevolezza di fare delle esperienze diverse e di essere un musicista diverso. Napoli è un sentimento che si ha dentro. Chi è napoletano si porta dietro tutta una cultura partenopea, a partire da Domenico Rea e da De Filippo, attraverso la musica di De Simone della Nuova Compagnia Di Canto Popolare”.

“Il Napule’s Power è nato dagli Showmen che si ispiravano a James Brown. Avevano una vena rhythm & blues molto spiccata. Quella parola è venuta fuori in un momento in cui sui giornali si parlava di “scuola romana”, di “scuola milanese”, in cui c’era Demetrio Stratos con gli Area. C’era bisogno di un marchio. Raffaele Cascone in RAI con il programma “Per Voi Giovani”, Napoli Centrale, la Nuova Compagnia Di Canto Popolare, Roberto De Simone, Roberto Murolo, sono tutti personaggi che hanno dato un grande impulso all’evoluzione musicale partenopea”.

“Ho sempre avuto due punti di riferimento precisi: Luigi Tenco di “Vedrai vedrai”, “Lontano lontano”, “Un giorno dopo l’altro”, e Gino paoli. Anche io sono sempre rimasto un personaggio un po’ anomalo in Italia. Forse perché ho avuto sempre problemi, rapporti familiari difficili. Sono stato un ragazzo molto chiuso. Ho  creduto in una magia particolare dei rapporti. Poi la vita mi ha insegnato a convivere con tutti i problemi e le diversità”.

“I miei chitarristi preferiti sono: Eric Clapton, Jeff Beck, Carlos Santana, John McLaughlin. Come acustici mi piacciono Earl Klugh, Larry Carlton, Al Di Meola. Dal punto di vista vocale apprezzo molto Michael McDonald, Al Jarreau e Salif Keita”.

“Eduardo De Filippo è l’essenza della napoletanità. C’è stata un’epoca in cui trasmettevano le sue commedie in tv, e per strada a Napoli non girava nessuno. Questa napoletanità mi tiene in vita ed è un sentimento forte. Oggi non posso più rappresentare quella realtà”.

“Ho collaborato con grandi artisti, come: Gato Barbieri, Richie Havens, Wayne Shorter, Alphonso Johnson, Gino Vannelli, Steve Gadd, Nathan East, Mel Collins, Don Cherry, Pat Metheny, Chick Corea, Zucchero, Lucio Dalla, Vasco Rossi, Biagio Antonacci, Jovanotti, Eros Ramazzotti, Francesco De Gregori, Franco Battiato, Claudio Baglioni, Fiorella Mannoia, Giorgia, Ron, 99 Posse, J Ax, Noa, Ralph Towner, Randy California, Robby Krieger, Leslie West, Phil Manzanera, Steve Hunter, Pat Metheny, Al Di Meola, Luciano Pavarotti, Eric Clapton. Da tutti ho cercato di “rubare” un po’ di mestiere. Nella custodia della mia chitarra ho conservato per anni il ritaglio di un’intervista in cui Eric Clapton diceva di apprezzare i miei dischi. Quando mi ha inviato a suonare a Chicago non ci credevo. Sono arrivato mentre stava provando. Mi sono messo da una parte ad ascoltarlo. Mi è venuto incontro e mi ha abbracciato”.

“Nel 1980 ho conosciuto Bob Marley, in occasione dello storico concerto allo Stadio San Siro di Milano. Siamo rimasti a parlare per circa un’ora. Fuori c’erano 90 mila persone che gridavano il suo nome. Volle sapere tutto di Napoli e della cultura partenopea. Gli ho parlato delle scale musicali arabe presenti nella melodia napoletana. Era gentile, emanava energia”.

“Roma, per me che venivo da Napoli, ha rappresentato un’opportunità di lavoro, tra concerti, turni nelle sale di registrazione e orchestre. Lo stesso De Filippo è andato via da Napoli perché non trovava sul sillabario la parola "attore". A Roma ha trovato la possibilità di poter lavorare in teatro e di confrontarsi con altri artisti, come lo stesso Totò”.

“Mi sono sempre confrontato con gli altri linguaggi della musica. Sono stato in Africa, ho cantato con Salif Keita, ho lavorato con artisti di musica classica. Ho spaziato nelle mie radici, che sono di musica araba, melodica e napoletana. Ma soprattutto anche di blues. E ho accolto tutte queste radici nella mia musica”.

“Lavorare con Massimo Troisi era un piacere. Ti faceva partecipe di un progetto. Non si trattava soltanto di fare una colonna sonora di un film. Venivamo dallo stesso background culturale. Per noi lavorare insieme è stato facile quanto creativo. Siamo stati amici per tanti anni, ci siamo voluti molto bene. Quando è venuto a mancare sono stato molto male”.

“La melodia è un simbolo di Napoli. I neomelodici sono interessanti quando sono sinceri. La loro è una realtà che io non vivo. Non è migliore o peggiore della mia, è semplicemente diversa. Io sono fuori da quel mondo, sono un bluesman”.

(lastampa.it)
DJ Myke: “Il dj non è quell’essere che ruba musica altrui e tiene le mani in aria per ore, è un artista”. In Italia il primo contest (tutto online) dedicato allo scratch: “Qui da noi di DJing non si parla”.
Italian Portablist Battle (IBP) è la prima competizione di scratch, esclusivamente su giradischi portatili, e si svolgerà completamente sul web. A giudicare i “concorrenti” saranno i rappresentati del djing italiano: DJ Myke, Drugo, Simo G, DJ Spada, DJ Dops, Gengis, DJ Aladyn e DJ Stile. DJ Myke: “In Italia abbiamo talenti di prim’ordine che faticano a uscire. Nel nostro paese la figura del dj nell’opinione pubblica è abbastanza traviata. Da noi sembra che esista solo la categoria: ex piloti, modelle, cantanti, produttori, presentatori, speaker, chitarristi, batteristi, che a un certo punto si scoprono dj”.

(gqitalia.it)
Federico Gardenghi, il dj dodicenne re della techno. La sua è una storia emblematica. Durante la settimana è un bambino come tutti gli altri, nel weekend si trasforma in un abile dj techno che gira l’Europa con il padre che gli fa da manager e mentore.
Federico gira l’Italia e l’Europa al ritmo della sua techno: Germania, Lussemburgo, Spagna, Malta, Polonia, Francia. La mattina a scuola, la sera nei club: “Ma suono sempre prima di mezzanotte perché mamma non vuole”. Si muove con una padronanza e una sicurezza tale che viene da pensare che sia il padre – ex dj e tecnico audio di Radio Milano International – a indirizzarlo verso quella strada. Davide racconta di come il figlioletto per il compleanno dei 4 anni gli abbia chiesto una console in regalo perché l’aveva vista su Youtube. Ne noleggia una per gioco e nel 2012, Federico si esibisce nel suo primo dj set in montagna.

Parole & Musica: DJ Federico Ardenghi
“Ho sempre ascoltato tanta musica in casa.  Mia mamma mi aiuta con la scuola. Papà ed io scegliamo le canzoni e parliamo tanto di musica. Mi permettono di ascoltare e mixare la musica, a patto che prima abbia finito i compiti”.

“Sono il dj più giovane del mondo. E’ sempre una grande emozione suonare insieme ai grandi della musica, che mi danno consigli utili”.

“I miei dj preferiti sono: Armin Van Buuren Carl Cox, Maceo Plex e Andrea Oliva”.

augusto.sciarra@rai.it

 

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