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Music News di Augusto Sciarra

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03-01-2017 14:33

Music News di Augusto Sciarra

(corriere.it)
Ron: vado a Sanremo ma questa musica italiana è tutta uguale. Il cantautore in gara al Festival (per la settima volta) con “L’ottava meraviglia”: “Sul palco porto anche il mio impegno per la ricerca contro la Sla”.
Il primo ricordo del primo Sanremo? “Sentire Ira Fürstenberg pronunciare il mio nome in tv. Era il 1970, mi presentavo come Rosalino. Per la seconda serata decisero di aggiungere il cognome e lei annunciò Rosamare Cellarino. Uscì Mike Bongiorno per correggerla”. A quel debutto era con Nada e cantavate “Pa’ diglielo a ma’”. “Avevamo entrambi solo 16 anni, ero a scuola fino a 20 giorni prima. C’erano Vanoni, Zanicchi, Caselli, Celentano. Ho visto big piangere dietro le quinte per l’eliminazione. Sentivo pressione però salii sul palco come se fosse uno dei tanti concorsi di voci nuove che avevo fatto. Rivedendo il filmato mi stupisco ancora per la forza che avevo”.

Nel 1972 scrisse “Piazza Grande” per Lucio Dalla. Nel ‘96 la vittoria, assieme a Tosca, con “Vorrei incontrarti fra cent’anni”. “Non pensavamo alla vittoria e la sera della finale andammo tranquillamente al ristorante. Ci dovemmo preparare al volo quando ci avvisarono del podio”.

“L’ottava meraviglia”: “Siamo tutti stressati, stanchi, bisognosi di tutto. L’ottava meraviglia è capire che un’altra persona può essere la tua salvezza. Ma non vado a Sanremo solo per la canzone. Spero di riportare attenzione sul tema della Sla dopo “La forza di dire sì”, album benefico con 24 duetti. Il 6 marzo farò un concerto a Milano con amici per raccogliere fondi”.

Time – Note dal Passato: Bono Vox (cantante, U2)
“Non ho mai inseguito una vita normale. L’unico lavoro “normale” che sono riuscito a fare è stato il benzinaio. Lavoravo di notte. C’era un cliente ogni dieci minuti. Poi c’è stata la crisi petrolifera con la conseguente paura dei razionamenti. Quando mi sono ritrovato con le code di macchine alla stazione di servizio, ho lasciato subito il posto. Poi, per un periodo, ho fatto il postino durante le vacanze natalizie. Ma anche questa esperienza lavorativa è durata poco”.

“La musica, già a 13 anni, era la cosa per me più importante e naturale. In qualunque momento della giornata avevo delle canzoni nella testa. All’inizio pensavo di averle sentite da qualche parte. In seguito ho capito che erano frutto della mia mente”.

“Mio padre era un duro dei quartieri nord di Dublino. Aveva il complesso di aver dovuto lasciare la scuola molto giovane per lavorare. Leggeva molto, ascoltava le opere classiche. In Irlanda è abbastanza comune questa sete di cultura. Si possono incontrare dei tassisti appassionati di fissione nucleare o baristi amanti della poesia”.

“Mia madre era protestante, mio padre cattolico. Da giovanissimo mi sono allontanato dall’educazione religiosa tradizionale. Non avendo nulla contro cui ribellarmi, ho intrapreso una lotta interiore che mi ha fatto diventare un fabbricante di canzoni. Desideravo sbarazzarmi della banalità della mia vita di ragazzo di periferia. Adoravo muovermi, cambiare scenario. E’ una cosa che continuo a fare, anche in alberghi di lusso. La curiosità è la mia qualità principale”.

“Quando è morta mia madre sono diventato improvvisamente aggressivo. Avevo delle crisi di nervi. In quel momento la band in cui suonavo è diventata la mia famiglia. Ho smesso di essere Paul Hewson per diventare Bono Vox. Sono stati gli amici del Lypton Village a scegliere questo nome. Bono Vox of O’Connell Street era un negozio di Dublino specializzato nella vendita di apparecchi per non udenti. Bono è molto più complicato di Paul. Paul era calmo, riservato. A 11 anni sognavo di diventare un campione di scacchi. A 14 anni ho scoperto il rock & roll, ed è stato un colpo di fulmine”.

“Non sarei mai entrato a far parte di una rock band se avessi avuto fiducia in me stesso e non fossi stato timido. Bisogna avere dei problemi affettivi enormi per reclamare ogni sera l’amore di migliaia di persone, e sentirsi bene”.

“La musica degli U2 per molto tempo è stata cupa, malinconica. Essere seri era un dovere. Era una reazione alla leggerezza degli anni ’80. Per questo siamo diventati ascetici, ci siamo fatti fotografare nel deserto, ci siamo messi a suonare della musica pseudo religiosa. Anton Corbijn non ha fotografato gli U2, ma la nostra musica”.

“Per alcuni anni ho fatto parte di Shalom, un gruppo di riflessione cristiano. La mia scrittura viene da lì. Adoro il linguaggio della Bibbia. David il Salmista è il primo bluesman della storia. Mi ha sempre appassionato”.

“Ho sempre amato le donne e loro mi hanno sempre contraccambiato. Non hanno mai smesso di affascinarmi. Trovo, invece, gli uomini stancanti, noiosi. Sul lavoro non vedo altro che uomini”.

“Sognavo di diventare una rock star, non una celebrità. La fama non ha niente a che vedere con il rock. La celebrità è un gioco divertente che può trasformarsi in una droga in cui ho visto sprofondare alcuni amici”.

“Negli U2 è successo qualcosa di magico. Nel ’78 eravamo già invincibili. Sono diventato qualcuno dopo aver incontrato i miei compagni. Siamo cresciuti insieme”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

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