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Music News di Augusto Sciarra

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01-02-2017 03:54

Music News di Augusto Sciarra

(corrieredellosport.it)
Zucchero ospite alla serata finale di Sanremo. Dall'appuntamento sul palco dell'Ariston, l'11 febbraio, ai cinque live all'Arena di Verona per finire con il Black Cat World Tour in giro per il mondo.
Sanremo è l’occasione per accogliere star internazionali e nostrane. Quest’anno sarà per la prima volta ospite del Festival Zucchero Fornaciari, che si esibirà in occasione della finale di sabato 11 febbraio. Ma questo non è l’unico impegno dell’artista, perché in primavera sarà il protagonista di cinque date nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona, dal 1° al 5 maggio.

Parole & Musica: Zucchero Fornaciari
"Oro incenso e birra è un capolavoro che ha conquistato colleghi stranieri come Eric Clapton e Brian May, il tentativo di fare finalmente il mio blues. Le canzoni scaturivano dalla mia rabbia, dal periodo difficile che stavo attraversando. Ero in crisi con mia moglie, tornando dal mare disperato, gridai "Ho bisogno d'amore perdio, sto male", tre accordi e via. Il pubblico ha capito l'importanza di quell'album, un milione e 840 mila copie sono tanta roba anche per quell'epoca. Per me è stato come un raggio di sole".

“Ho collaborato con grandi artisti. All'appello mancano: Amy Winehouse che purtroppo non c'è più, Jimmy Page, Aretha Franklin e Adele”.

“Dopo due Festival di Sanremo in cui nessuno s’era accorto della mia presenza, avevo perso tutte le speranze. Nel 1985, grazie al successo in radio di “Donne”, ho ripreso coraggio e ho capito che mi ero guadagnato la possibilità di fare un altro disco”.

“E’ stata Lory Del Santo, che era una mia fan, a presentarmi Eric Clapton. E’ venuto a trovarmi in camerino dopo un concerto ad Agrigento, e mi ha proposto di aprire i suoi concerti del tour europeo. Pensavo mi stesse prendendo in giro, invece era tutto vero”.

“La mia infanzia è stata caratterizzata da due mondi fortemente contrapposti: la sede del Partito Comunista e la Chiesa dove suonavo l’organo, non per vocazione, ma per fare un piacere a un sacerdote soprannominato Don Tagliatella. Oggi avverto dentro una forte spiritualità, ma non sono un praticante e forse nemmeno un credente nel senso stretto del termine”.

“Non esiste artista che non sia stato ispirato da qualcuno venuto prima di lui. Lo hanno ammesso anche  Paul McCartney, Rolling Stones, Joe Cocker. Il bello è essere ispirati da qualcuno e poi trasformarlo in qualcosa di tuo. Oscar Wilde diceva che il mestierante prende in prestito, mentre il genio lo fa suo”.

“Ho una fattoria, mangiamo solo la roba coltivata e allevata lì. È un investimento oneroso, ci vogliono sei contadini per mandarla avanti, un pollo mi costa cinquanta volte più che al supermercato, ma almeno è un pollo che conosco”.

“Il blues è nostalgia, malinconia creativa, un lamento che si può trasformare in preghiera, ballo o sesso. Il blues mi ha aiutato a combattere la mia depressione, mi ha salvato la vita dopo la separazione da mia moglie. È stata durissima, sei mesi di Prozac, non uscivo di casa, avevo attacchi di panico anche sul palco. Quando riguardo i filmati, vedo che mi aggrappavo al chitarrista, a una corista. Sembrava studiato, ma stavo davvero crollando. Poi, dopo tre o quattro brani, cominciavo a stare meglio e non volevo più venire giù dal palco, perché quando scende l’adrenalina sei punto e daccapo. Il tour di Miserere l’ho fatto tutto così”.

“Dopo i tour devo fare una settimana che io chiamo di “decanto”. Non torno subito a casa. Mi fermo in un hotel di Milano, Ginevra, Vienna, da solo a decantare”.

“Sono stato molto povero. A undici anni con mio zio abbiamo costruito una chitarrina con corde di nylon da pescatori. A venti ho suonato alla Bussola per otto ore di fila, poi ho chiesto una pasta al pomodoro per me e la band. Me l’hanno tolta da una paga da miseria. Certe cose ti rimangono dentro”.

“Le terre del blues e del gospel seducono tutti, da Beyoncé, Taylor Swift, e tanti altri. La grande storia americana passa lì. Era l’inferno per gli schiavi e la destinazione ultima dei peggiori criminali. Ma hanno saputo dare anche uomini politici, grandi oratori, scrittori. Quel sud ha un’anima che ci confonde. Forse ci sentiamo in colpa per come è stato trattato”.

“Pino Daniele ed io siamo stati tra i pochissimi artisti italiani che sono riusciti ad arrivare anche a un pubblico non di origine italiana. Entrambi abbiamo attinto molto al soul e al rhythm & blues. Nei nostri dischi c’è la melodia italiana e mediterranea, ma il suono, i ritmi, la voce, il modo di cantare vengono dall'amore per la musica afro-americana. Questo facilita l'ascolto degli americani e degli inglesi. Produttori, ingegneri del suono e artisti americani e inglesi mi hanno sempre detto che amavano la mia musica e quello che faccio. Però mi hanno sempre raccomandato di cantare in italiano perché quella è la cosa originale”.

“Da piccolo a Roncocesi, Reggio Emilia, alla radio, alla TV o alla fiera di paese si sentiva la musica di allora: Gianni Morandi, Mina, Adriano Celentano, Nomadi, Equipe 84, Rolling Stones, Beatles. Quando ho sentito Otis Redding mi sono innamorato del rythm & blues.  Anche Ray Charles è stato il mio idolo. Joe Cocker mi ha colpito ai tempi del Festival di Woodstock, perché era un bianco che cantava con la voce e l'anima del nero. Ho sempre desiderato cantare quella musica”.

“Sono nato vicino al Po. Da piccolo d'estate andavo con mio padre a pescare. Era la pesca tipica della Bassa Emiliana. C'era il pesce gatto, l'anguilla, i gamberi di fiume. Quando sono andato per la prima volta a New Orleans, mi hanno portato sulle rive del Mississippi. Sono rimasto sorpreso perchè la vegetazione era la stessa e anche il modo di vivere la vita era simile ai nostri contadini, c'erano tutti i campi intorno. Ho scoperto che il piatto principale in Louisiana è il fried cat fish che da noi si mangiava regolarmente, o anche i gamberi di fiume. Mi è sembrato un posto familiare. Sono stato in barca attraverso il bayou, tra le paludi e anche lì il paesaggio mi ricordava certi posti del Po”.

“Quando sono in Italia amo stare a casa mia, in campagna, con le mie cose, i miei animali. Faccio collezione di auto d’epoca. Una volta ne ho guidata una fino a Bologna, sono arrivato in centro, andavo piano, come faccio spesso quando ascolto musica e penso. Dietro di me si è formata una piccola coda e quelli più nervosi hanno cominciato a strombazzare. Mi sono sentito come uno che stava entrando in piazza Maggiore a cavallo”.

(iodonna.it)
Marco Masini a Sanremo con un nuovo disco: “Mai stato disperato, ma vorrei un figlio”. Il cantautore di Firenze torna al Festival con "Spostato di un Secondo", brano che dà il titolo al suo nuovo album.
Ottava volta a Sanremo per Marco Masini. Era il 1990 quando il cantautore toscano partecipava per la prima volta al Festival con Disperato, assicurandosi la vittoria nella sezione “Novità”. Ora, dopo tante vicissitudini, canzoni e un altro primo posto, tra i “Big”, nel 2004, con L’Uomo Volante, eccolo tornare all’Ariston con Spostato di un Secondo, brano che dà il titolo al suo nuovo album in uscita il prossimo 10 febbraio, al centro di un tour che dal 30 aprile toccherà le principali città italiane. “Anche se sono passati 17 anni da quel 1990 che mi vide esordire sul palco di Sanremo, il mio rapporto con il Festival non è cambiato molto. Parliamo di una manifestazione con un appeal che conquista ancora giovani e meno giovani, oggi come allora sento l’emozione di condividere quest’avventura con colleghi, collaboratori, musicisti, addetti ai lavori e soprattutto con il pubblico, con cui è sempre bello confrontarsi. Ciò che è diverso sono i parametri e le regole delle musica, perché il mondo nel frattempo è cambiato e sono cambiato anch’io, per cui ho nuove cose da raccontare”.

“L’Italia è un Paese tradizionalista, non si stanca di quelle che sono le fondamenta di un patrimonio culturale così importante qual è la nostra musica. Ben vengano i Sanremo e tutte quelle iniziative che possono dare valore aggiunto alla musica italiana, al nostro cantautorato e alla storia che abbiamo costruito dai tempi di Verdi passando per Guccini e Battisti, fino a oggi”.

(avvenire.it)
Masini a Sanremo col mistero del tempo. Il cantante toscano in gara col brano "Spostato di un secondo", lancia l'album di inediti: “Guardo il passato, cercando le soluzioni per il futuro”.
Marco Masini affronta il suo ottavo Festival di Sanremo “come se fosse il primo”, ma lanciando col suo brano “Spostato di un secondo” l’omonimo album di inediti. «Sia il brano, sia l’album presentano il nuovo e il vecchio Masini: c’è un po’ di quello che ero ieri, ma c’è molto del mio modo di essere ora. La vita comincia oggi, sempre. A guardare indietro certo che non rifarei tutto, ma non sono pentito di niente. Spostato di un secondo è un concetto paradossale e utopico, per me che sono appassionato di astrofisica: arrivare un secondo prima nel nostro passato per scegliere la cosa giusta”. Per la serata delle cover l’omaggio è a Giorgio Faletti con Signor tenente, “una canzone geniale e attuale, ma mai ricantata. Conoscevo Faletti, una persona speciale, mi ha dato consigli importanti sul mio lavoro”.

Dal 30 aprile il tour a partire da Montecatini (PT). Poi 3 maggio Ancona, 5 maggio Roma, 7 maggio a Milano, 9 maggio Pescara, 10 maggio Firenze, 13 maggio Torino, 14 maggio Pisa, 16 maggio Lecce, 20 maggio Brescia, 27 maggio Padova.

Time – Note dal Passato: Juliette Lewis
“Nella mia vita sono stata tante cose: cattiva, suora, tossicodipendente, ripulita. Sono sicuramente un tipo strano. A scuola amavo starmene in disparte nel cortile. Ho provato a conformarmi, ma poi ho abbracciato la vera me stessa”.

“Quando ero piccola mi mettevo davanti allo specchio a ballare e cantare. Mi piaceva recitare una parte. Il sogno è diventato realtà”.

“Ho fatto film per quindici anni, ma ho sempre voluto essere una musicista, andare in tournée, vedere posti nuovi. Fare la cantante è molto più stancante che essere un’attrice. C’è molta pressione, si sta spesso su un palco, lontano da casa, si dorme poco. Ma mi piace scrivere canzoni. Questo mestiere mi fa sentire libera”.

“Niente come la musica può svegliare dall’apatia e far capire che essere vivi è un gran dono che va apprezzato fino in fondo. Conosco abbastanza l’amore e la perdita per sostenere questo con cognizione di causa”.

“Non c’è distinzione tra arte e vita. L’artista è una persona con un desiderio insaziabile per la conoscenza. E’ una voracità che può spingere a fare cose sbagliate, fino a quando non si impara a gestirla e incanalarla. Anche un musicista deve essere curioso, avere sempre voglia di ricercare, esplorare, esprimersi. A differenza di una persona comune che riesce a stare nello stesso posto di lavoro e con lo stesso partner per tutta la vita, un artista rincorre sempre nuove visioni e ha il coraggio di realizzarle”.

“Il rock per me deve essere istintivo, mentre la mia parte intellettuale la esprimo recitando. Recitare sottintende un’interpretazione che passa per la riflessione e il raziocinio. Si tratta sempre di esprimere emozioni. Il mio estro si estrinseca attraverso la mia parte infantile, quella che riesce sempre a stupirsi, entusiasmarsi, immaginare. Scrivere canzoni è un po’ come inventarsi una realtà parallela attraverso il gioco, anche se so che poi la vita è un’altra cosa”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

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