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Music News di Augusto Sciarra

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24-01-2017 14:00

Music News di Augusto Sciarra

(foggiatoday.it)
Giovanni Allevi a Foggia: concerto al Teatro Giordano
Il tour europeo di Giovanni Allevi fa tappa a Foggia: lunedì 20 febbraio, Teatro Umberto Giordano. A portarlo in città per un concerto di beneficenza a sostegno di progetti in favore dell'infanzia è il Club per l'Unesco di Foggia, presieduto da Floredana Arnò. Il Maestro si esibirà in "Solo Piano". Da dicembre, è impegnato in una doppia tournée per festeggiare i 25 anni di carriera live: il "Celebration Symphonic Tour" con orchestra e il "Celebration Piano Tour" con il pianoforte.

Parole & Musica: Giovanni Allevi
“Il giorno del mio ventunesimo compleanno ho tenuto il primo concerto in una importante sala a Napoli. Erano presenti solo cinque persone, che mi hanno regalato dei bellissimi applausi e tanto entusiasmo. Quella notte ho capito che la musica era la mia vita”.

“Nel corso di tutti questi anni ho vissuto a stretto contatto con le persone. Le incontro durante i miei concerti, parlo con loro, ascolto i loro problemi. Il contatto con la mia musica porta la gente a manifestare la propria indole, a mostrare le proprie fragilità. Quello che ho capito in questi anni è che una mentalità maschile porta quasi sempre a voler affermare una volontà di potenza, mentre nella donna ho sempre scorto una dolcezza di fondo che manca nella società italiana. Le donne hanno un sapere istintivo che è altra cosa dal sapere puramente tecnico e che porta alla soluzione dei problemi. Questo è quanto ci serve adesso”.

“Sono un lettore appassionato. Ho attraversato tre fasi distinte: la prima filosofica, durante la quale leggevo esclusivamente testi di Filosofia, Kant, Aristotele e Heidegger. Nella  seconda fase mi sono dedicato a Dylan Dog e Topolino, nei quali ho ritrovato gli stessi concetti espressi dai filosofi in forma decisamente diversa. Nella terza fase  ho incontrato l’opera di Paolo Coelho di cui ho letto tutti i libri e che mi ha aperto la porta verso altri autori. Amo molto anche la letteratura americana, John Fante e Bukowski. Fante parte da una desolazione polverosa e fa emergere una straordinaria vitalità, un grande slancio. Bukowski descrive il mio possibile alter ego, quello che mi sarebbe piaciuto essere e che non sono. Un ubriacone che ingaggia risse sul Sunset Boulevard. Quando sono stato in concerto a Los Angeles mi sono preso un pomeriggio per ripercorrere le strade del mio scrittore preferito”.

“Nella composizione musicale la principale fonte di ispirazione deve essere la vita quotidiana, quell’insieme di gesti che immaginiamo banali, che sono invece in grado di stupirci all’improvviso, e regalarci intuizioni di senso”.

“Sono convinto che Lucio Battisti e l’ultimo Battiato siano andati oltre la forma canzone, riallacciandosi idealmente alla tradizione dei Trovatori e Trovieri dell’epoca Cavalleresca in Francia”.

“Woody Allen l’ho apprezzato per i suoi libri come Saperla lunga e Citarsi addosso. Sono dei capolavori. Lì è il suo genio. I film li ho capiti più tardi. E la musica ancora più tardi”.

“In tournée non chiedo nulla, non mi interessa avere in camerino cose fantasmagoriche. Durante il viaggio me ne sto da una parte, senza rompere le scatole. Però il pianoforte deve essere come dico io. Nel corso di questi 25 anni ne ho selezionati in tutte le città del mondo. Ho un elenco, con i numeri di matricola, e così è anche per gli accordatori. Se vado in Giappone, so che troverò quel pianoforte, preparato da quel tecnico che sa esattamente come deve essere il suono, che il pedale non deve fare rumore, che lo sgabello deve essere a una determinata altezza, che inserendo il secondo pedale deve avere un suono particolarmente dolce e così via”.

“La Nasa mi ha dedicato un asteroide: 111561 Giovanni Allevi). Ho ricevuto una mail che mi informava della mia “beatificazione stellare”. Ho scoperto in un secondo momento che si è trattato di un’idea del dipartimento di astrofisica dell’Università di Padova, che ha rapporti con la Nasa. Un processo che ha richiesto più di dieci anni”.

“La cosa che più mi dà fastidio è il conformismo. Non sopporto la gente che crede di avere delle verità in tasca. Detesto i pregiudizi e le ideologie. Sono socratico, so di non sapere e pretendo che anche gli altri abbandonino le verità precostituite. Questo è anche il frutto della musica, che ha spazzato via tutto. Noi siamo in continuo movimento, crediamo di sapere, ma non sappiamo nulla. Dovremmo invece recuperare l’accettazione del diverso”.

“Non sono un uomo di successo, ma una persona che ha avuto il coraggio di inseguire un sogno. I rischi e i sacrifici sono stati tanti, come i numerosi concerti con pochissimo pubblico, i tanti anni passati a studiare pianoforte, composizione e filosofia, le critiche che ricevo dal mondo accademico. Ma sono sempre stato animato da un grande entusiasmo. Anche quando ho vissuto per anni in un monolocale facendo il cameriere per pagarmi l’affitto e nessuno voleva saperne di me e della mia musica, mi sentivo un privilegiato, perché avevo scelto il sogno”.

“L’artista che ammiro di più è il matematico: Ettore Majorana. E’ entrato giovanissimo nel gruppo di Enrico Fermi, per lavorare allo studio dell’energia atomica. Forse si è accorto prima degli altri del potenziale distruttivo di quelle ricerche, che avrebbero di fatto portato alla costruzione della bomba nucleare. A soli 31 anni, dopo aver rifiutato la cattedra di Fisica a Cambridge e Yale, ha fatto perdere totalmente le sue tracce, lasciando insoluto il mistero della propria scomparsa. Un genio”.

(ilgiorno.it)
New Trolls in concerto mercoledì a Gorgonzola. La band riproporrà il meglio della sua produzione in mezzo secolo.
E' un concerto-evento quello in programma mercoledì sera, alle 21, sul palco della Sala Argentia Cinema-Teatro. La band è oggi composta dagli storici Gianni Belleno, Ricky Belloni, Nico Di Palo, Giorgio Usai; insieme ad Andrea Cervetto e Alex Polifrone. Notte New Trolls: Alessandria, 26 gennaio; Brancaccio di Roma, 13 febbraio; Teatro Galleria di Legnano, 18 febbraio; 14 e 17 marzo, Teatro Puccini di Firenze e Teatro Novelli di Rimini.

(soundsblog.it)
Peppe Vessicchio, La musica fa crescere i pomodori
Vessicchio ha scritto un'autobiografia con il giornalista Angelo Carotenuto. “La musica fa crescere i pomodori” è il titolo. "Non è uno scherzo. Il titolo viene da un esperimento che sto facendo in collaborazione con degli istituti di ricerca scientifica. Dopo 2 anni di esperimenti quest’anno abbiamo 10 aziende agricole in Salento che ci seguono. Abbiamo colture di pomodori, fragole e zucchine che crescono con acqua, sole, musica e frequenze al suolo. Gli esperimenti che ho condotto a casa mia dimostrano che con Mozart la pianta mostra segnali. E, con mio massimo dispiacere visto che l’ho studiato a fondo, ho notato che Beethoven non funziona. La musica che ha un influsso sulla crescita delle piante è un tipo di polifonia non identificabile con un periodo storico, uno strumento o una corrente".

In "La musica fa crescere i pomodori", raccontando di sé e degli incontri di una vita (da Gino Paoli ad Andrea Bocelli a Elio e le Storie Tese, fino all'esperienza di insegnante ad "Amici") il Maestro spiega i suoi studi sulla musica "green" e sul potere terapeutico che può avere sugli organismi viventi, dalle piante agli animali, fino agli esseri umani.

(ilgiornaleoff.ilgiornale.it)
Vessicchio: “Sanremo ormai non lascia traccia”
Come si è avvicinato alla musica? “In famiglia, grazie a mio fratello. Grazie a lui in casa c’erano chitarra, fisarmonica e mandolino e si faceva musica per amici e parenti. La chitarra è stato il mio primo strumento. Allora avevo la passione per la bossa nova, ma il mio pallino è sempre stato l’esplorazione dei suoni, organizzarli, mettere insieme i timbri”. “Il primo che mi diede fiducia come arrangiatore fu Peppino Gagliardi, napoletano come me. Poi ci furono Peppino Di Capri e Fred Bongusto. Ma la svolta arrivò con Gino Paoli. Facemmo insieme un disco e, subito dopo, Ti lascio una canzone”.

Quando arriva a Sanremo? “Come direttore d’orchestra nel ’90. In realtà misi piede a Sanremo per la prima volta nell’85 quando ancora l’orchestra non c’era e noi arrangiatori seguivamo i cantanti come “fiduciari”. Io ero con Zucchero col quale avevo collaborato per Canzone triste”.

Cos’è il Festival di Sanremo nell’epoca dei talent? “E’ un programma televisivo: è gestito dalla tivù, si parla degli ascolti. Ma è innegabile che musicalmente, negli ultimi dieci anni, Sanremo non ha lasciato nessun segnale forte nel mondo della discografia”.

(askanews.it)
Paolo Belli a teatro con "Pur di fare musica"
Paolo Belli torna a teatro, dal primo al 5 febbraio, al Teatro Greco di Roma, con lo spettacolo "Pur di fare musica" (regia di Alberto Di Risio). Insieme a sette musicisti, l'artista reinterpreta il suo repertorio con nuovi arrangiamenti e tante risate. Come spiega lo stesso Paolo Belli: "La nostra missione, soprattutto in un contesto storico in cui stiamo vivendo dove c'è bisogno di allegria, è quella di divertire il pubblico. La miscela è tanta musica ma con grande comicità, con grande divertimento dovuto alla vita vissuta. Parliamo della vita di un musicista che fa qualsiasi cosa, dai provini fino a inventarsi delle band improbabili. In questa commedia, verranno a fare provini un musicista sordo, quattro gemelli che non si possono vedere l'un l'altro e un ragazzo che pur di lavorare e suonare finge di essere spagnolo ma poi si scopre...".

"Gli arrangiamenti e i brani scelti del mio repertorio sono i classici, da “Sotto questo sole” a “Ladri di biciclette” fino a “Ho voglia di ballare”, dal passato remoto al presente. In teatro porto una forma più swing, anni Trenta e Quaranta. C'è il violino, l'armonica, il banjo, mandolino. Porto in scena anche i miei maestri, omaggi a Paolo Conte a Fred Buscaglione, John Belushi, Jannacci”.

Time – Note dal Passato: Vasco Rossi
“Ho sempre fatto quello che credevo giusto. Ma non ho sempre vissuto con l’acceleratore pigiato. Ho scritto una canzone, “Vita spericolata”, dove ho descritto uno stile di vita. Il contrario per tempi come quelli, nei quali la vita la si vedeva comoda, magari con un lavoro. Oggi che il lavoro non c’è e iniziano a esserci grossi problemi, le realtà sono diverse. C’è sempre stata la voglia di vivere una vita spericolata. A me piace trasgredire, tradire me stesso , fare piccole cose che rischio di pagare. Però crescendo si matura, si diventa meno incoscienti. La vita la voglio sempre un po’ spericolata. Quando la vita è piatta mi annoio e combino qualche casino. Sono diventato più maturo di prima, una maturazione lenta. Ma in fondo si è sempre uguali, la vita si prende sempre alla stessa maniera”.

“Un conto è il personaggio Vasco Rossi, e un conto è l’uomo. Il personaggio incarna i sogni di alcuni. E’ chiaro che c’è un eccesso di forzatura, di demonizzazione. Vasco è stato utilizzato come capro espiatorio di certe situazioni. Canto ciò che sento, che vivo, che provo. Non invento la realtà, la racconto”.

“Io gioco a fare la rockstar, ma sono la rivincita dell’uomo comune. Ci sono autori più bravi di me, come per esempio De Gregori. Però c’è un feeling tra me e la gente. Le cose che dico sono quelle che direbbero anche loro. Questo è il rapporto che mi interessa e che viene fuori anche nei concerti. E’ come se fossi uno di loro che sale sul palco e si mette a fare la rockstar”.

“Penso che prima o poi questa storia finirà. Tutte le storie finiscono. Questo mio feeling lo perderò, ma non sono preoccupato. Quando scrivo canzoni, spazio molto nel tempo, racconto anche sensazioni di quando avevo vent’anni. Comunque non voglio essere eterno. Andrò avanti fino a quando tutto questo avrà un senso”.

“Credo nell’onestà, nella possibilità di vivere la vita senza essere ipocriti o arroganti. Sono la dimostrazione vivente che si può vivere bene senza scendere a compromessi. Non farei mai canzoni solo per vendere dischi”.

“Il 20 aprile 1984 ho conosciuto il carcere per detenzione di sostanze stupefacenti. E’ stata un’esperienza molto dura. Appena sono entrato non mi rendevo conto, perché ti mettono subito in isolamento. Mi sono fatto cinque giorni di isolamento. Era il giovedì di Pasqua e il giudice non poteva venire. Il tempo non passa mai. I primi due giorni non  mangiavo. Ho vissuto il carcere come una grande ingiustizia. Dopo circa quattro giorni mi sono come risvegliato, ho rivisto tutto il mio passato. Quello era un periodo in cui non mi interessava andare a cena con gli amici. Se distruggevo una macchina la rivolevo il giorno dopo, anche se era domenica. E’ stata un’esperienza che mi ha fatto capire tante cose, da cui sono uscito più arrabbiato di prima. Quando ero dentro pensavo a tutto. Dentro trovi gente disperata. Ho pensato al suicidio come reazione. Ma in realtà non volevo morire”.

“Il rock è un linguaggio perfetto perché è musica eccessiva, aggressiva, ma anche di dolci ballate. Il rock da una parte è affari e soldi, dall’altra è la grande anima che c’è dentro. Gli U2, per esempio, sono l’espressione di questa anima che manca ai Simple Minds. Io dico: viva il rock. Il rock che intendo io, quello dei Rolling Stones, è morto. Ma non per questo è una lingua che non si può più usare. E’ la lingua più giusta per i nostri tempi, perché è diretta e semplice. Mi piacciono i Pearl Jam, Nirvana, Red Hot Chili Peppers. Ho amato i Supertramp, Pink Floyd, Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Edoardo Bennato. Mi piacciono anche Zucchero e Ligabue, un bel talento”.

“Quando ero a Zocca sognavo. E’ un paesino dove non hai molte possibilità. Non puoi fare molti mestieri. Devi per forza lavorare di fantasia. Io sono uno che lavora molto di immaginazione. La mia è stata un’infanzia serena. Ho iniziato a cantare per caso: prima l’esperienza dei concorsi canori, poi la scuola di canto con un maestro. Ho cominciato a suonare la chitarra per sfogarmi, più per un fatto fisico che psicologico. A vent’anni ho cominciato a scrivere della canzoni”.

“Il fenomeno Vasco Rossi appartiene a me e alla gente che ci si identifica. La persona è un’altra cosa. Mi dà fastidio quando mi mitizzano. In Italia si tende a colorare”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

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