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Music News di Augusto Sciarra

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10-01-2017 15:54

Music News di Augusto Sciarra

(lastampa.it)
I vinili si vendono sempre di più, ma la musica è quella del passato. Dai Pink Floyd a David Bowie: la rinascita del disco è un fenomeno consolidato, ma i titoli più gettonati restano i classici di ieri.
L’ultima classifica settimanale del 2016 dei vinili più venduti in Italia ha visto svettare una vecchia conoscenza: The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Sul podio sono saliti anche i Rolling Stones e il duo Mina/Celentano. Dal quarto al sesto posto: The Wall (1979), Wish You Were Here (1975), Animals (1977). A inizio gennaio è uscita anche la classifica dei quaranta vinili più venduti in Gran Bretagna nel 2016. Il numero uno è Blackstar di David Bowie.   

Da Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band a The Dark Side of the Moon, da Hunky Dory a Led Zeppelin IV, da Hotel California a Rumours, da London Calling a Legend, da Hatful of Sorrow a The Stone Roses, fino a Nevermind e al più recente Back To Black, i titoli che sfilano nella Top 40 inglese del 2016 vanno a formare una sorta di canone rock che tutti dovrebbero conoscere.

Time – Note dal Passato: Fabrizio De André (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999)
“Dell’infanzia ricordo la cascina di mia nonna. Allora le vacanze estive duravano quattro mesi. Lì ho assorbito tutto l’amore per la campagna, la natura, gli animali, la vita e la cultura contadina”.

“I miei genitori mi hanno sempre lasciato grande libertà. Scorazzavo per le strade dove ho imparato a parlare il genovese meglio dell’italiano. A 18 anni me ne sono andato da casa. Ho vissuto girovagando nei vicoli della vecchia Genova. Mi sono sposato a ventidue anni. Ho lavorato nell’istituto professionale di mio padre da luglio 1962 fino a marzo 1965”.

“Mi sono avvicinato alla musica suonando il banjo. Ho anche suonato la chitarra elettrica nel gruppo jazz  di Mario De Santis. Talvolta si univa a noi Luigi Tenco, che suonava il sax. La prima canzone che ho inciso è stata “La ballata di Michè”. Ho abbandonato gli studi universitari dopo il successo de “La canzone di Marinella”, nel 1965”.

“La canzone italiana, nella prima metà degli anni ’60, conosceva solo il filone melodico tradizionale che aveva il suo ideale palcoscenico in due manifestazioni: Sanremo e Canzonissima. Ma dal mio ambiente di formazione usciva un’idea politica precisa: mai la competizione. Non avrebbe avuto nessun senso mettermi in gara con le mie canzoni”.

“La mia cultura ha diverse radici. Innanzitutto quella francese. Mio padre era di origini provenzali. Quando avevo quindici anni mi portava i dischi di Brassens, che è divenuto il mio punto di riferimento. La canzone era il mezzo più agile per esprimersi culturalmente in qualsiasi tipo di ambiente sociale, anche grazie ad uno strumento agile come la chitarra”.

“La canzone di Marinella è uno dei brani cui tengo di più. E’ ispirata alla storia vera di una ragazza, figlia di contadini, che a sedici anni rimase orfana e senza casa, sottrattale dai parenti. Fu costretta a prostituirsi sulle strade dei paesini dell’astigiano. Questo fino a quando un cliente la scippò, la uccise e la gettò nel Tanaro. Leggendo la sua storia su un quotidiano ho sentito il bisogno di fare qualcosa per lei, dedicandole una canzone”.

“Luigi Tenco era contrario al Festival di Sanremo, ma poi ci si è ritrovato stritolato dentro. Era un uomo della sinistra di allora. Il suo gesto è maturato anche in conseguenza delle sue letture. Sul comodino teneva i libri di Cesare Pavese. Io lo frequentavo saltuariamente. Era quello che mi era più vicino politicamente e artisticamente”.

“La mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, l’anello di una catena che comprende tutto il creato. L’equilibrio secondo me è dato dal benessere diffuso in tutto ciò che ci circonda, compresi piante e minerali. Credo che tutto quello che abbiamo intorno ha una sua logica”.

“L’alcol è stata la mia droga fino al 1985. Bevevo anche due bottiglie di whisky al giorno, da quando avevo 18 anni. Ne sono uscito per mantenere una promessa fatta a mio padre in punto di morte. Il vizio si supera con una grande paura o una forte spinta emozionale”.

“I vangeli apocrifi sono una lettura molto interessante. Considero il Vangelo, anche quelli scritti dai quattro evangelisti ufficiali, il più bel libro d’amore che sia mai stato scritto. Ci sono molti punti di contatto con l’ideologia anarchica”.

“Ho vissuto il ’68 a contatto con dei gruppi di estrema sinistra, partecipando al tentativo di rinnovamento. Mai avrei fatto la lotta armata. Ma condividevo la rivolta contro un certo modo di gestire la società. Volevamo diminuire la distanza tra il potere e la società. Abbiamo ottenuto diverse vittorie, come: la liberazione sessuale, purtroppo frustrata dalla paura dell’AIDS; la libertà d’informazione. Il ’68 è stato una rivolta spontanea. Forse è un bene che non sia riuscita, perché il grosso problema di ogni rivoluzione è che i rivoluzionari cessano di essere tali una volta che hanno preso il potere”.

“Amico Fragile è la canzone che più mi appartiene tra quelle che ho scritto. Con questa sono riuscito a vincere il mostro che mi aggredisce e mi succhia per portarsi via una canzone. L’ho scritta una notte, dopo essere andato a una festa nel parco residenziale di Portobello di Gallura. C’erano medici, avvocati, persone di un certo livello. Anche quella sera finii con la chitarra in mano. Ma a un certo punto ho mandato tutti a quel paese e mi sono ubriacato sconciamente, rifugiandomi nel mio garage. Quando mia moglie mi ha ritrovato, alle otto del mattino, avevo finito di comporre il brano”.

“Nella notte tra il 28 e il 29 agosto 1979, nella villa a Tempio Pausania, mia moglie Dori ed io siamo stati rapiti. Siamo stati liberati pochi giorni prima di Natale, dopo 118 giorni di prigionia. E’ stato un momento di grande emozione. Un’esperienza del genere aiuta a riscoprire i valori fondamentali della vita. Ti rendi cosa vuol dire avere i piedi al caldo, quale grande conquista sia non avere l’acqua che ti gocciola sulla testa mentre dormi. Fai a meno del whisky. Le sigarette me le passavano, altrimenti, forse, avrei anche smesso di fumare. Il fatto che fossi famoso ha certamente influito sulla decisione di rapirmi. Loro lo facevano più per dimostrare coraggio che per soldi. Erano in undici, ma si “accontentarono” di cinquecento milioni”.

“Hotel Supramonte è il brano dedicato al rapimento. Un uomo e una donna che stanno insieme, ma sono completamente soli, insieme a tutti i costi. Dori sarebbe fuggita volentieri, perché non c’entrava niente, serviva solo per andare a dire a mio padre, la sera prima della liberazione, di pagare il riscatto perché stavo bene. Egoisticamente devo dire: meno male che c’era, altrimenti sarebbe stata molto più dura”.

“Il genovese per me non è un dialetto, ma una lingua. Ha oltre 2500 vocaboli di importazione araba. Genova, dal punto di vista commerciale, a parte i rapporti con l’Europa (Inghilterra, Olanda), ha focalizzato i propri commerci con l’Africa”.

“Non mi considero un patriarca della canzone italiana. Non ho mai considerato questa attività come mestiere. Da un po’ di tempo mi interesso di più all’azienda agricola. Ogni tanto faccio un disco o un tour”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

 

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