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Music News di Augusto Sciarra

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19-02-2017 19:14

Music News di Augusto Sciarra

(ilgiornale.it)
Barry Miles: "Sesso, musica, poesia. I miei amici Beat". Testimone e biografo della controcultura e dei suoi protagonisti, visse nella comune di Ginsberg. E lavorò con Beatles e Pink Floyd.
Approdato a Milano per partecipare alla quinta edizione del festival “Writers”, l'inglese Barry Miles, autore di biografie di personaggi come William Burroughs, Jack Kerouac, Charles Bukowski e Frank Zappa, ci ha raccontato un'infinitesima parte delle storie a cui ha fatto da testimone.

Com'era vivere nella comune fondata da Allen Ginsberg? “Più che una comune, era un centro di disintossicazione da varie droghe. La sua speranza iniziale era quella di convincere Jack Kerouac a frequentarla per liberarsi delle sue dipendenze, ma Kerouac non ci andò mai. Peter Orlovsky, il fidanzato di Allen, in effetti riuscì a limitare il consumo di anfetamine. Gregory Corso provò a combattere il suo alcolismo, peraltro con scarsi risultati. C'era sempre chi riusciva a far entrare alcol di nascosto”.

“Burroughs è sempre stato un uomo schivo, non interessato alle chiacchiere da bar. Persino nel periodo trascorso a Tangeri era noto come El hombre invisible. A Londra sembrava un lord inglese e nel Kansas un contadino del Midwest, con tanto di salopette e cappellino da baseball”.

“Conobbi Paul McCartney intorno al 1965, mentre gestivo una libreria su Charing Cross Road in cui si tenevano molti eventi letterari. Il titolare vendette la libreria, con il rischio che tutto ciò finisse. Qualcuno mi presentò John Dunbar, marito di Marianne Faithfull. John voleva aprire una galleria d'arte e decidemmo di unire le forze. Il miglior amico di John Dunbar era Peter Asher, fratello di Jane, al tempo fidanzata di McCartney, che abitava nella loro residenza insieme all'intera famiglia Asher. In sostanza, Peter ci avrebbe messo i soldi e ci prestò la cantina di casa sua per sistemarci i libri e catalogarli. Paul passava quasi tutti i giorni a dare un'occhiata ai libri e ogni tanto ne prendeva uno e lasciava un biglietto. Fu il mio primo cliente e si appassionò al progetto. Era una persona molto curiosa e se ne andava in giro sempre con le antenne dritte. Poteva andare a sentire una cantante sentimentale in una bettola, così come partecipare a una lezione di Berio o a un concerto di John Cage. Quando veniva da me mi faceva ascoltare musica sperimentale, oscura, elettronica”.

“Keith Moon (batteria, The Who) era una persona molto divertente, un diavoletto. Frequentava un bar dove aveva l'abitudine di andare dietro il bancone, mettere su dischi di poesia, per esempio Dylan Thomas, e spillare pinte di birra per chiunque, facendovi scivolare dentro due o tre dosi di vodka. Gli avventori lasciavano sempre il bar reggendosi a fatica sulle gambe. Di solito i batteristi sono molto estroversi. Ringo Starr, invece, era sempre cupo. Nel periodo di massimo splendore dei Beatles, una rivista lo definì il miglior batterista del mondo e allora John Lennon commentò che Ringo non era nemmeno il miglior batterista dei Beatles. Paul McCartney era meglio di lui e, in effetti, la batteria sul secondo lato del disco Abbey Road la suonò Paul, perché quelle parti erano troppo difficili per Ringo”.

Ha vissuto in prima persona l'esplosione del punk a Londra. “Vivienne Westwood schiaffeggiò una ragazza in un locale solo per vincere la noia e creare i presupposti per un caso clamoroso. Lo fece, spalleggiata da Malcolm McLaren, suo compagno e manager dei Sex Pistols, e da Johnny Rotten. Durante un concerto dei Clash vidi Shane MacGowan e la sua ragazza rotolarsi sul pavimento e menarsi, al punto che pensai che lei gli avesse staccato il lobo di un orecchio a morsi, dato che aveva il viso coperto di sangue. In realtà si era tagliato con dei cocci di bottiglia. McLaren voleva essere un manager all'antica, in grado di controllare completamente la propria band. Peccato che nei Sex Pistols ci fosse un certo Johnny Rotten, che non era propenso a farsi comandare a bacchetta. Quanto ai Clash, Rhodes aveva un forte ascendente su Joe Strummer. L'influenza di Rhodes su Strummer fu deleteria, perché Joe finì per licenziare l'unico che sapesse suonare, ovvero Mick Jones. Joe Strummer era un ragazzo di buona famiglia che aveva frequentato ottime scuole e che fingeva di avere un accento proletario. Anche i Pink Floyd erano ricchi figli di papà ben prima di diventare famosi. Provarono a fare musica e ottennero successo quasi per caso. Il loro primo concerto alla Round House glielo procurai io. In fondo, erano solo un gruppo di amici che frequentavano la stessa università”.

Time – Note dal Passato: Paul Simon
“The Sound Of Silence  è nata nel buio di una notte, nella mia stanza. Il testo parla dell'incomunicabilità tra le persone, la difficoltà di dirsi la verità. In seguito ha assunto un valore simbolico molto forte: il ricordo dell'assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy”.

“Sono molto amico di Bob Dylan. Siamo rimasti in ottimi rapporti dopo il tour insieme del 1999. Mi piace il suo modo di lavorare: scrupoloso, ma anche divertente”.

“Uno dei tanti litigi che ho avuto con Art Garfunkel è stato quando stavamo registrando “Bridge Over Troubled Water” e volevo inserire la canzone  “Cuba sì, Nixon no” e lui non lo ha permesso”.

“Dopo aver realizzato con Art Garfunkel “Bridge Over Troubled Water”, mi sono rifugiato in Giamaica per un po’ di tempo. Stavo cercando delle nuove sonorità partendo da elementi ritmici, come il reggae che ha quel particolare sound che si deve proprio al ritmo. Ero stanco di ciò che avevo fatto con Garfunkel. Le nostre canzoni erano diventate dei grandi successi, ma il nostro lavoro era incentrato sulla spasmodica ricerca della melodia giusta. In Giamaica è successo l’inverso. Mi stavo riconnettendo con la parte più  ritmica della musica. E’ un concetto che ho ripreso nei miei album successivi, in particolare in Graceland. Mi sono chiuso in una stanza da solo, con la chitarra, e ho cominciato a suonare tutte le idee che mi erano venute in mente. Giro sempre con un taccuino per gli appunti dove annoto tutte le idde musicali che mi vengono in mente”.

“Ho iniziato a viaggiare quando ero molto giovane. Sono sempre stato molto curioso. Ricordo il mio primo lungo viaggio, quando sono stato in Francia, Sud Africa, Brasile e ai Caraibi”.

“Non ho mai pensato di poter raccontare il mio paese criticando i Wasp, sposando le cause della comunità ebraica, difendendo qualcuno in particolare. Ho sempre e solo cercato di usare i mezzi che meglio conosco per esprimere la mia creatività. Provengo da una famiglia povera, i miei genitori non volevano diventassi musicista. Sono cresciuto pensando che se un artista diventa una leggenda vuol dire che sta invecchiando. Il tempo passa inesorabile”.

augusto.sciarra@rai.it

 

 

 

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